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Protezionismo digitale, analisi dell economista maurizio matteo decina

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06-06-2018  | Link https://www.agenparl.eu/protezionismo-digitale-analisi-dell-economista-maurizio-matteo-decina/ Invia Invia mail ad un amico Stampa Stampa

Protezionismo digitale, analisi dell economista maurizio matteo decina

By Diego Amicucci

(AGENPARL) – Roma, 06 giu 2018 – Una società della rete modello Public company con una moderata ed intelligente forma di “protezionismo digitale”. Come fanno tedeschi e francesi. Recuperiamo il 5% del PIL perso. Analisi di Maurizio Matteo Decina, professore universitario esperto in telecomunicazioni e manager d’azienda, noto per il suo volume “Goodbye Telecom. Dalla Privatizzazione a una Public Company. Antologia del ventennale 1997-2017”. L’intero comparto delle comunicazioni elettroniche è fondamentale per la crescita di ciascun Paese e, guardando a quanto sta accadendo in TIM, appare ormai chiaro che i tempi siano maturi per rimediare agli errori del passato. L’obiettivo potrebbe essere quello di creare un’infrastruttura di rete sinergica, con forte presenza pubblica​, capace di garantire investimenti “a prova di futuro” come avviene in altri Paesi della Comunità europea. L’ingresso della Cassa Depositi e Prestiti nel capitale di TIM è un buon inizio, un segnale chiaro che l’Italia si è decisa finalmente a tutelare i propri interessi strategici dopo anni di speculazioni. Adesso bisogna proseguire però con impegno nel progetto di societarizzazione della rete recuperando il tempo perduto. Ma una politica industriale senza le persone, origine e motore di ogni impresa, non avrebbe alcun senso. Alla fine degli anni 90, prima dell’entrata nella zona euro, Telecom contava su di un organico pari a 120.000 persone ed era presente in 22 Paesi. Ritenuta in maniera indiscussa come una delle più innovative società su scala mondiale. Oggi siamo a quota 55.000 dipendenti, cifra assai esigua se confrontata con i 220.000 di Deutsche Telekom e i 160.000 di France Telecom, aziende a controllo pubblico, i cui governi sembrano tutelare al meglio i propri interessi. Se si aggiungono altri 30.000 potenziali esuberi in TIM, queste le voci che circolano in questi giorni, si rischia di peggiorare ancor di più l’impatto sul PIL. Le passate gestioni di Telecom, che con quote di assoluta minoranza hanno caricato l’azienda di 30 miliardi di debiti venuti dal nulla più altrettanti di sprechi, hanno avuto ripercussioni importanti in termini macroeconomici e sociali (impatto negativo pari al 4,8%* del PIL senza calcolare il rallentamento tecnologico dell’intero Paese, attualmente quart’ultimo nella classifica della Commissione europea in termini di banda larga). Occorre urgentemente un cambio di rotta nella Governance con nuove regole a tutela di consumatori, dipendenti e piccoli azionisti che rappresentano la maggioranza dell’azionariato di Telecom. Internet delle cose, industria 4.0., domotica, videosorveglianza, telemedicina, sono solamente alcuni degli ambiti di sviluppo di un settore che deve puntare ancora sull’innovazione e sulle persone. Al contrario si assiste oggi ad una mera speculazione tecnologica a vantaggio di una logica di brevissimo periodo che privilegia liquidazioni e bonus milionari salvaguardando esclusivamente gli interessi bancari. E qui si apre un altro tema di particolare interesse: la debolezza del sistema finanziario italiano.

Segue un possibile piano di sintesi di 10 punti per una rete efficiente ed innovativa:

1) Societarizzazione della rete TIM con maggioranza dello Stato e con un nuovo piano strategico incentrato sui benefici per l’intero sistema Paese

2) Nuovo statuto della possibile società della rete che includa al CDA e negli organi collegiali i dipendenti azionisti, come avviene ad esempio in Francia e Germania (l’iter burocratico sarebbe semplice perché questo punto è previsto dalla Costituzione)

3) Piano di riassorbimento delle risorse di TIM in eccesso verso i mercati in via di sviluppo, anche mediante una forma di “protezionismo digitale” moderata ed intelligente, a difesa degli interessi dei lavoratori, che allo stesso tempo limiti anche gli abusi delle multinazionali digitali (elusione fiscale, violazione della privacy, sensibilità dei dati)

4) Piano di sviluppo della banda ultralarga unico e sinergico(anche per mezzo di una fusione TIM-Open Fiber) sul modello wholesale only

5) Creazione di un catasto delle reti per evitare duplicazioni ed inefficienze di rete

6) Piano di migrazione da rame a fibra per colmare il gap con i restanti Paesi europei

7) Riduzione delle diseguaglianze salariali, specialmente in Telecom, per evitare che da una parte si eroghino bonus milionari e dall’altra si taglino gli stipendi ai lavoratori (il bonus di Flavio Cattaneo equivale a circa 1000 stipendi)

8) Stimoli ed incentivi per lo sviluppo dei teleservizi, soprattutto quelli con notevoli impatti macroeconomici(telemedicina, teleassistenza, teledidattica, telemonotoraggio ambientale, videosorveglianza)

9) Piani di implementazione del telelavoro nelle grandi aziende dell’ICT per migliorare l’impatto ambientale e per ridurre le spese energetiche

10) Finanziamenti a tassi agevolati per le piccole e piccolissime imprese del settore dell’ICT, specialmente per i piccoli provider locali che dovrebbero avere le risorse per erogare pacchetti integrati di connettività e servizi a valore aggiunto

Lo Stato, prima ancora di intervenire con soldi pubblici per rimediare ai danni dei privati, dovrebbe occuparsi di cambiare le regole del gioco (leverage buyout, scatole cinesi, patti bancari, assenza golden power, CDA poco rappresentativi, assenza di piani a lungo termine…)

Oggi la più grande forma di innovazione possibile è quella di utilizzare l’etica come modus operandi. Ed il mercato, in quanto organismo intelligente, premierà nel futuro tutte quelle aziende che si muoveranno in quella direzione.

   
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